Far funzionare la democrazia: la visione di Mark Kennedy

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Lezione Kennedy“Non basta vincere le elezioni, bisogna saper governare”. Il 18 novembre 2014 il Professor Mark Kennedy della George Washington University è stato ospite di un incontro in LUISS dal titolo Making Democracy Work nell’ambito del corso di Teoria della comunicazione del Prof. Michele Sorice.

Mark Kennedy è stato membro del Congresso americano per tre mandati, dal 2001 al 2007, come rappresentante dello Stato del Minnesota per il partito Repubblicano. Ha lasciato Capitol Hill nel 2006 dopo essersi candidato al Senato, e oggi è direttore della prestigiosa Graduate School of Political Management della George Washington University, che si trova a soli quattro isolati dalla Casa Bianca. In più, è stato consulente per il commercio per i Presidenti Bush e Obama e business executive per importanti multinazionali.

“Nelle democrazie rappresentative, - ha spiegato Kennedy - le sfide più grandi rimangono irrisolte non a causa della mancanza di soluzioni politiche, ma dell'incapacità di conciliare opinioni contrastanti per arrivare a un risultato concreto”. Per questo propone quella che lui definisce 360° Vision, necessaria, secondo l’ex congressman, per avere successo in politica ma anche nell’economia, negli affari internazionali e più in generale nella vita di tutti i giorni. “Solo così – sostiene Kennedy – la politica può riuscire ad aggiungere il proprio pezzetto di puzzle, per contribuire a rendere il mondo un posto migliore”.

Story Kennedy

Kennedy individua tre mandatories, tre aspetti fondamentali da tenere presenti per “far funzionare la democrazia”. Prima di tutto bisogna essere “ancorati a un forte principio di base, altrimenti si rischia di non avere credibilità politica”. Il secondo aspetto è il focus, “il punto centrale su cui focalizzarsi”: “Per conciliare opinioni diverse bisogna avere flessibilità, sapere quello che si vuole, ma anche quello a cui si è disposti a rinunciare”. È qui che si arriva al terzo aspetto: “Costruire coalizione. La politica è un gioco di addizione non di sottrazione. Non si riuscirà mai a convincere una parte dello schieramento opposto se non si prova a capire il loro punto di vista, per raggiungere una soluzione finale che unisca gli scopi di entrambi gli schieramenti. Per citare Benjamin Franklin: there are no gains without pain, non ci sono guadagni senza sofferenza, senza rinunciare a qualcosa”.

Lo studio del Prof. Kennedy è basato sul sistema politico americano ma, ha spiegato, “si applica ancora meglio all’Europa”: “Il sistema legislativo in UE è più complicato, serve ancora più messa a fuoco del problema per raggiugere un obiettivo. In Italia, per esempio c’è il problema della coalizione interna nei partiti, mentre in America è o bianco o nero: ci sono due coalizioni, ognuna con il suo punto di vista, ma se ogni repubblicano fosse d’accordo solo con gli altri repubblicani (e lo stesso per i democratici) non si realizzerebbe mai niente”.

Per esempio, secondo la visione del Prof. Kennedy, parte del successo di Barack Obama si deve a un ottimo focus in campagna elettorale, puntata completamente sulle parole chiave hope e change. Ma dopo la sconfitta alle elezioni di Midterm il Presidente americano dovrebbe usare i nove mesi che lo separano dall’inizio della nuova campagna presidenziale per “tendere una mano verso i repubblicani e lavorare con loro su altre materie rimaste in sospeso. Se non ne sarà in grado, rischia di rovinare l’eredità che lascerà al Paese dopo il suo secondo mandato”.

Mark Kennedy

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<p>L'ex congressman USA è stato ospite di un incontro in LUISS</p>
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